di Valeria Bruni e Silvana Vassallo
Si può pensare ad un rapporto inverso?
… VALERIA BRUNI: Nel rapporto suono immagine, in un film per esempio, tendiamo a ricordare l’immagine dimenticando il suono. Però in realtà è questo che ci imprime nella mente un certo tipo di valenze. Non si potrebbe dunque pensare ad un rapporto inverso?
MICHEL CHION: In un certo senso si hanno più spesso degli effetti visivi, ma non sono sempre le immagini reali di un film quelle che si ricordano. Posso fare un esempio molto semplice: da piccolo avevo visto il film Un condamné a mort s’est echappé di Robert Bresson, che racconta la storia dell’evasione di un partigiano francese, e che si svolge quasi interamente nella sua piccola cella di prigione. Lo avevo visto una sola volta, e mi erano rimaste impresse immagini molto precise di grandi spazi di prigione. Quando ho cominciato a lavorare sul rapporto suono – immagine, ho fatto vedere il film di Bresson a degli studenti francesi di cinema, ho provato a eliminare il suono e a guardare solo le immagini.
Mi sono accorto allora, che il film mostrava solo dei piccoli frammenti di spazio, ma che il suono ne evocava uno grande, infatti si sentono i richiami dei guardiani di altri piani, passi che si avvicinano e si allontanano, e così via: nella mia memoria le immagini del film non erano quelle reali, ma quelle fabbricate attraverso una sintesi dei ricordi. Questo mi ha dimostrato che le immagini create dal rapporto audiovisivo sono immagini complesse, costruite non solo sul “visivo”, su ciò che realmente passa sullo schermo, ma sono delle rappresentazioni più mentali. …
Fonte: LaCritica.net